Dalle carte della chiusura indagini per la vicenda di corruzione internazionale relativa a una presunta tangente di Saipem alla politica algerina, here emergono i rapporti tra l’ex numero uno di Eni e i politici lombardi
(di EMILIO RANDACIO, help Repubblica)
MILANO – Un’azienda di Stato, stuff con forti legami politici. Non servivano le intercettazioni per scoprirlo ma l’inchiesta chiusa la scorsa settimana, in cui l’ex numero uno di Eni, Paolo Scaroni è indagato di corruzione internazionale e frode fiscale, svela il doppio filo che lega i manager del Cane a sei zampe coi protagonisti della politica italiana. Uno fra questi, è Roberto Maroni. Il ruolo del governatore della Lombardia non ha alcuna valenza processuale. Con lui Scaroni si mostra solerte, cerimonioso, a tratti teatrale, ma soprattutto disponibile. Mercoledì 1 marzo 2013, Maroni si è appena insediato alla presidenza della Regione da poco più di 48 ore. Alle 18 e 11 minuti, riceve la telefonata di Scaroni. “Pronto presidente – esordisce il manager alla cornetta – no, volevo solo congratularmi, perché mi ha fatto un enorme piacere vederti presidente della nostra regione”. Maroni sembra contento di ricevere i ringraziamenti e ammette di aver vinto “una sfida epocale, perché li ho avuti contro tutti, e non solo gli avversari politici, ma anche le vicende, la magistratura, Orsi, Finmeccanica (il riferimento è all’arresto dell’ex numero uno del gruppo, nominato quando Maroni era al Viminale, ndr), tutte cose venute fuori, guarda caso, in quei giorni lì, per cui…..”.
Ingroia al Parlamento, c’è da cambiar Paese. Scaroni amplifica il risultato delle urne: “Però hai stravinto” risponde, “no, perché le hai azzeccate tutte, le scelte politiche….. la regione ha risposto bene”. Quando poi il governatore spiega al manager l’esito del voto, la débàcle della Lega e la presenza dell’ex pm palermitano Antonio Ingroia e del giornalista Oscar Giannino, Scaroni si mostra stizzito. “Portare Ingroia al parlamento veramente c’era da cambiar paese, cambiar paese”. Ma il governatore insiste sulla vicenda che ha coinvolto Orsi, sul fatto che “non ho capito cosa tengono Orsi in prigione, veramente. …”. E a quel punto Scaroni non si contiene e manifesta disapprovazione per come è stato trattato dalla giustizia il suo “ex collega” che guidava l’altro colosso di Stato, Finmeccanica. “È pazzesco, siamo un paese unico al mondo, Oscar Pistorius dopo l’omicidio (della fidanzata, ndr), sta a casa sua, dopo un omicidio, è pazzesco….”. Maroni condivide il giudizio, “è una vergogna (per Orsi, ndr)…”.
A Maroni: “Siamo in 14mila in Lombardia”. Verso la fine della telefonata, Scaroni garantisce palesemente il proprio “spirito di servizio”, per la giunta guidata dall’esponente del Carroccio. “Comunque ricordati – aggiunge il manager del Cane a sei zampe- . Ricordati che l’Eni è la principale azienda della regione Lombardia”. Maroni è quasi stupito dalla dichiarazione: “Ah, fantastico”. “Perché tu calcola – è il ragionamento di Scaroni – che noi abbiamo, a San Donato Milanese, 14 mila persone…. quindi siamo, siamo basati a San Donato noi….. quindi qualunque cosa, conta su di noi”.
La Santanché e la raccomandazione per Meomartini. In Lombardia, Scaroni può contare anche su una solida amicizia con la parlamentare di Forza Italia, Daniela Santanché. L’8 marzo, mentre infuriano le trattative per formare la giunta, il numero uno di Eni la contatta per spingere su una nomina. “Ieri mattina mi è venuta in mente un’idea”, esordisce Scaroni, che mentre la spiega, la definisce lui stesso “brillante”. “Alberto Meomartini (ex presidente Assolombarda di Milano e dal 2011 presidente Saipem, ndr)”. “Lo farebbe?” chiede la Santanché. “L’uomo che meglio conosce l’industria lombarda. No, perché meglio di lui non c’è nessuno, che va a far l’assessore all’industria mi sembra che sia. .. sicuramente si rende un servizio all’industria lombarda, no?… lui lo farebbe”. La Santanché lo ringrazia dell’idea e gli confida “oggi chi governa questa roba qui (le nomine di giunta, ndr), siamo io, Mantovani, Gelini e Lupi, però io ho un assessore da esprimere….”. La segnalazione, però, pochi giorni dopo non sortisce l’effetto sperato: alle infrastrutture viene nominato Mario Melazzini (Pdl).