(di RAFFAELE RICCIARDI, site La Repubblica)Arriva il primo segno negativo dell’inflazione della moneta unica da oltre cinque anni: una ulteriore spinta all’azione di Mario Draghi con il quantitative easing. Intanto l’euro segna nuovi minimi verso il dollaro e il petrolio scende ancora, ed con il Brent sotto 50 dollari al barile. I listini Ue cercano di rialzare la testa dopo i recenti cali, legati anche alle elezioni di Atene. Germania: giù la disoccupazione, su le vendite. La nuova sede della Bce. L’Eurotower prepara la svolta con il quantitative easing (reuters). Lo avevano previsto gli economisti di Bloomberg e la realtà supera addirittura il loro pessimismo: l’Eurozona è in deflazione, mentre in Italia l’inflazione è ferma a dicembre sia su mese che su anno. I prezzi dell’area con la moneta unica, secondo la stima flash rilasciata dall’Eurostat, per dicembre vedono un calo del tasso di inflazione annuale da +0,3% a novembre a -0,2%. Il panel di economisti dell’agenzia finanziaria Usa, aveva preventivato una flessione dello 0,1%. Per l’Eurozona, si tratta della prima flessione dei prezzi dall’ottobre del 2009; pesa il crollo dei prezzi dell’energia (-6,3% rispetto al -2,6% di novembre), mentre sono stabili cibo, alcol e tabacco. L’unico aumento è previsto per il settore dei servizi, stabile rispetto a novembre con il +1,2%.
“Probabilmente l’inflazione rallenterà ulteriormente a gennaio”, sosteneva già prima dei dati ufficiali Evelyn Herrmann di Bnp Paribas all’agenzia finanziaria Usa, “e rimarrà a livelli bassi molto a lungo”. Indicazioni nette per l’Eurotower di Mario Draghi, dove i tecnici sono al lavoro sulle soluzioni tecniche per avviare il quantitative easing, l’acquisto di titoli di Stato sui mercati (Blog: le tre carte di Draghi). Una mossa che la Bce ha in canna proprio per contrastare la deflazione, la spirale di abbassamento dei prezzi e cali dei consumi che mina la fragilissima ripresa Ue. Negli ultimi giorni, però, si è fatta strada l’ipotesi che il Direttorio della Bce (previsto per il 22 gennaio) aspetti le elezioni greche (25 gennaio) prima di avviare un programma effettivo.
Le rilevazioni sui prezzi al consumo sono dunque la bussola di giornata, anche se l’agenda europea prevede altri dati interessanti. In Germania, ad esempio, il tasso di disoccupazione scende al 6,5% in dicembre; le vendite al dettaglio – sempre nell’economia tedesca – salgono a sorpresa dell’1% mensile a novembre, ma il dato annuo è -0,8%. In Italia, invece, il tasso sale al nuovo record 13,4%. Nel complesso dell’Eurozona il tasso di disoccupazione a novembre si è attestato all’11,5% come a ottobre, risultando però in calo rispetto a un anno prima quando era all’11,9%.
Sullo sfondo continuano a permanere i due elementi di tensione che hanno caratterizzato i forti ribassi e poi la volatilità delle ultime tre sedute: il crollo del prezzo del petrolio e l’evoluzione politica ad Atene, dove si avvicinano le elezioni del 25 gennaio per il rinnovo del governo. Alexis Tsipras è in vantaggio e ha tranquillizzato sulle intenzioni di uscita dall’euro, ma sia i mercati che la Germania – attraverso la pubblicazione di indiscrezioni di Der Spiegel sull’accettazione della rottura della moneta unica da parte della Cancelleria, smentite con un po’ di ritardo – hanno voluto mandare il loro segnale minaccioso all’elettorato ellenico.
Così l’euro si muove ancora in ribasso: la divisa unica ha aggiornato già nei primissimi scambi il nuovo minimo degli ultimi quasi nove anni (fine febbraio 2006), appoggiandosi per un attimo a quota 1,1854 dollari (1,1914 alla rilevazione ufficiale di ieri della Bce) per poi recuperare parzialmente e girare attorno a 1,1880. Il biglietto Usa, nel frattempo, consolida la propria posizione anche nei confronti delle altre principali divise: continua a girare sui massimi da inizio agosto 2013 sulla sterlina, da metà settembre del 2010 sul franco svizzero. Discorso simile per il petrolio, con il Brent che per la prima volta dall’aprile del 2009 infrange momentaneamente al ribasso la soglia di 50 dollari al barile. Segno meno, sui mercati asiatici, per il Wti: anch’esso è ai minimi dall’aprile del 2009 a 47,3 dollari.
Sui mercati azionari, come accaduto ieri, il un timido tentativo di recupero si disperde poi nella volatilità: a Milano, Piazza Affari cala dello 0,15%. Nel resto d’Europa, Londra sale dello 0,5%, Francoforte e Parigi sono allineate al +0,3%. Lo spread tra il Btp e il Bund si stabilizza in area 140 punti base, con un rendimento all’1,8% per il decennale italiano. I titoli di Stato tedeschi, come quelli americani, continuano il loro rafforzamento visto il momento di tensione globale: per il decennale di Berlino il rendimento è sceso fino allo 0,456%, livello mai toccato prima.
Oltre ai dati sull’Eurozona, sono previsti anche molti rilievi dagli Stati Uniti, dove per altro la Fed pubblicherà i verbali della riunione di metà dicembre che potrebbero dare qualche indizio ulteriore sul ritmo di rialzo dei tassi d’interesse. Prima, emergerà l’indice Adp sull’occupazione del settore privato di dicembre (+250mila unità il consensus), il deficit della bilancia commerciale, le richieste di nuovi mutui. Sul panorama internazionale da monitorare il rapporto del Fmi sul mercato immobiliare e le stime globali della Banca Mondiale, nella serata italiana. Wall Street riaprirà gli scambi dopo il nuovo calo legato alla debolezza del petrolio: era dal 2005 che lo S&P500 non iniziava l’anno con tre sedute in rosso. Ieri ha perso lo 0,89%, il Nasdaq l’1,3% e il Dow Jones lo 0,74%. Il Vix, l’indice che misura la volatilità, è balzato di oltre sette punti percentuali.