Uomini ovvero vizi e virtù messi a nudo da una diva
Dall’intelligenza di Carlo Ponti all’eleganza di Cary Grant, passando per Mastroianni, De Sica e le avance di Bill Clinton. Ricordi e giudizi di una star che il mondo ci invidia.
di Cesare Lanza “Panorama”
Sofia Loren, 68 anni compiuti il 20 settembre, segno astrologico Vergine, premio Oscar e leggenda vivente del cinema, mantiene in età senile il glamour e l’eleganza, lo stile brillante, oltre ovviamente alla bellezza, con cui si è imposta nel mondo con una carriera inimitabile, finora, per qualsiasi altra attrice italiana. Ha affascinato e sedotto virtualmente milioni di italiani di varie generazioni, ne ha alimentato sogni e turbamenti: in questa occasione, per Panorama, passa in rassegna (con giudizi, ricordi, battute) gli uomini più importanti della sua vita.
Il primo nome che viene in mente, naturalmente, è Carlo Ponti.
Naturalmente: ci vorrebbe un libro, non un’intervista, per parlarne. Io sono nata con lui: mi ha scoperto quando avevo 15 anni. La prima persona che mi ha aiutato, ero solo una bambina inesperta. L’amore è arrivato quando sono maturata. Carlo è l’uomo della mia vita.
Due aggettivi, soltanto due, per definirlo.
Intelligente. Ricco di senso dell’umorismo.
Subito dopo, vorrei chiederle di Cary Grant. Con una premessa: si è tanto parlato di questa «liaison» e tuttavia, secondo il gossip consolidato di Hollywood, Grant non era gay?
Non lo so, questo. Tra noi due c’erano 33 anni di differenza. E quando lo conobbi per girare il nostro primo film, Orgoglio e passione, Cary era già un attore affermatissimo, un celebre divo… Non so se avesse avuto esperienze di quel tipo, in precedenza.
Com’è stata la vostra relazione?
Affetto sincero e stima reciproca. Avevo 22 anni, vivevo una fase di incertezza con Ponti, che era sposato con due figli, con i tentennamenti tipici di questi rapporti, sì o no, divorzio o no…
Una tentazione?
Dubbi e conflitti. E mai avrei potuto tenere i piedi in due scarpe. Diciamo che con Grant fu un rapporto bello, anche di lavoro. Lui mi aiutava tanto, in particolare per il mio inglese incerto.
Come definire Grant, in poche parole?
Elegantissimo e spiritosissimo. E sapeva giostrarsi, conosceva l’ambiente, sceglieva sempre il film che gli andava a pennello.
Torniamo indietro, al primo impatto col cinema. Con Alberto Lattuada.
Lattuada e Federico Fellini giravano Luci del varietà con Carla Del Poggio. Io feci quella che, all’epoca, si chiamava una «genericata»: una ballerina che scendeva le scale. Ero (e sono) timida, all’inizio: me ne stavo dunque in un angolino, le situazioni nuove per me sono sempre uno strazio psicologico. Con Lattuada feci poi un’altra «genericata», come cameriera di un night club, in Anna. Protagonisti Silvana Mangano, che ballava il mambo, Vittorio Gassman…
E che impressione ebbe?
Nel film Gassman mi passava accanto al volo e mi diceva: «Quando ci vediamo, bimba?». Era affascinante, ma non ci vedemmo affatto, fuori dal set. Dietro le quinte, protagonista era mia madre, una donna esuberante e anche un po’ bizzarra. Ero minorenne, mi accompagnava. Nelle pause improvvisava pezzi di musica al pianoforte, ricordo un brano di Liszt. Fellini impazziva. Io ero in disparte.
Ed eccoci, subito dopo, a un altro personaggio cruciale della sua vita, Vittorio De Sica.
Un uomo così straordinario non l’ho mai più incontrato e mai più lo incontrerò, nella mia professione. Un maestro. Vent’anni di lavoro insieme. Mi diceva: non studiare, non fare sciocchezze, tu hai un tale talento e sei così spontanea, ti basta essere te stessa. Con lui, fin dall’Oro di Napoli, mi sembrava tutto facile.
De Sica, in due parole?
Coinvolgente, essenziale. Bastava uno sguardo per capirci.
Con De Sica lei ha conquistato il maggior successo, l’Oscar per «La ciociara». Dal libro di Alberto Moravia, sceneggiatura di Cesare Zavattini.
Zavattini lo ricordo poco. Anche con Moravia ebbi rari incontri: era schivo, parlava poco. Ma ricordo lo sguardo: non si poteva sostenere, sembrava che gli occhi dovessero leggerti l’anima.
Nell’aneddotica che la riguarda spunta sempre un bravo cantante dell’epoca, Achille Togliani. Un flirt giovanile?
Sciocchezze. Era il periodo dei fumetti, io ero un’adolescente, non avevo soldi: i fumetti erano un modo per sopravvivere, poco più di un gioco. Da parte sua, forse, un sentimento particolare, non so. Io lo ammiravo come cantante, era bravo, mi divertiva. La musica per me è sempre stata una passione forte.
Torniamo a un altro nome fondamentale, Marcello Mastroianni.
Marcello, l’amico di sempre. Con lui e De Sica formavamo un terzetto speciale, affiatato. È l’uomo che ho avuto accanto nei momenti più belli. Tenero, sensibile, divertente. Indimenticabile. Ci siamo incontrati in un film di Blasetti, Peccato che sia una canaglia, sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico, e subito c’è stata la scintilla. Ci completavamo a vicenda: una fusione naturale, spontanea.
Mi dica ora di Ettore Scola: con lui, regista, e con Mastroianni lei ha girato uno dei film più struggenti della sua storia artistica, «Una giornata particolare».
Scola: un uomo severo, molto severo. Un regista impegnato, attento alle sfumature, uno dei migliori.
E i grandi e famosi registi stranieri? Stanley Kramer, per esempio.
Un uomo duro, esigente: con lui feci un film molto faticoso, sei mesi in Spagna, mi ricordo un enorme cannone trasportato da una vallata all’altra, un’ossessione. Con grandiose scene di massa. Per fortuna c’era Frank Sinatra.
E come andò?
Volevo farlo cantare sempre, ma lui non ci stava. Non cantava mai. Solo qualche volta alla sera, se beveva un po’ e andava su di giri. Un bambino. Quando rientravamo in albergo il suo scherzo preferito era scambiare di posto le scarpe, che i clienti lasciavano fuori della porta, come si usava allora.
Charlie Chaplin?
Una colonna. Mi dirigeva come se fosse Abbado. Quasi fossi uno strumento. Era ipersensibile: con la coda dell’occhio studiava, spiava le mie reazioni emotive. Un virtuoso.
Robert Altman?
Quando giri con lui, non ti accorgi che stai lavorando. Perché piazza dieci, 15 telecamere da tutte le parti e tutti gli attori sono microfonati, non hai l’incubo della telecamera che ti riprende: non la vedi mai. Tutto diventa naturale. È uno stile di regia che mi piace molto, lo consiglierei ai giovani.
Infine vorrei chiederle dei suoi due figli.
Bastano le famose parole: so’ piezzi ‘e core!
Mi dica di più. Su Edoardo, con cui ha appena girato il suo primo film, «Cuori estranei».
Ecco: al primo ciak sono stata assalita da un terremoto di emozioni. Pensavo: l’ho tenuto nove mesi nella pancia e ora eccolo lì, mi dirige con sicurezza. È diventato il mio amico più caro, l’uomo che mi proteggerà…
Be’, anche lei, con la sua esperienza, lo avrà protetto e tutelato, al debutto.
No. Non ha bisogno di consigli. Ha fatto tanta esperienza, Edoardo ama il cinema da sempre: ha assorbito qualcosa, da tutti. Il film è elegante, difficile. Certo non è il tipo di film che esce a Natale, con le parolacce, le volgarità..Ma andrà bene.
E Carlo junior?
È direttore d’orchestra a Los Angeles, d’estate lavora con un’altra orchestra a Mosca. Uno che studia molto, dirige senza spartito.
Le differenze tra i suoi due figli?
Edoardo sa esibirsi, è più estroverso. Carlo junior è più sensibile, molto musicale, generoso ma timido, mi somiglia di più. Ma tutti e due sono rispettosi, educati. Per bene.
Una domanda sugli uomini in generale. Quale differenza tra americani e italiani?
Mi piace chi parla la mia lingua. Mi sento a casa.
Ma per lei, Sofia, che è sempre stata un oggetto di desiderio per gli uomini di tutto il mondo, che cosa significa essere accompagnata in tutta la vita da questa sensazione?
Non me ne accorgo, non è importante. Anche se, a modo mio, il gioco mi piace: sedurre ed essere sedotta. Ma per divertimento.
Che cosa non sopporta?
La volgarità. E poi la noia. E la mancanza di rispetto per gli altri e per se stessi.
E che cosa le piace?
La positività. La semplicità.
C’è un uomo che le sarebbe piaciuto conoscere, conquistare? Un sogno impossibile?
No. Ma forse in questa rassegna bisogna trovare un posto per Bill Clinton. L’ho conosciuto abbastanza bene, incontrandolo tre o quattro volte alla Casa Bianca quando era presidente, poi di recente sono stata invitata a cena dal mio medico. Clinton abita a breve distanza ed eccolo lì: ha saputo della cena e si è fatto invitare. In privato è veramente affascinante, molto piacevole.
E…?
E niente! È semplice, simpatico, con tutti i pregi e i difetti degli uomini, quando ti corteggiano.
Sofia, lei sa zigzagare, riconosco, con eleganza, quando si arriva al dunque, nei rapporti amorosi, sentimentali. Le chiedo con chiarezza: con De Sica e Mastroianni, considerando le parole tanto affettuose, ci sono stati anche momenti di amore, di intimità?
Desidero riaffermare che la base fondamentale, nella mia vita affettiva, è stato l’incontro con Carlo Ponti. De Sica, dice? Ma no, mai avuto un pensiero: poteva essere mio padre, lo consideravo un papà.
Inevitabile chiedere: con Mastroianni, invece?
Quante ne vuole sapere! Diciamo così: scherzetti. Momenti di allegria, di innocente complicità: tra due persone che si sono piaciute subito e hanno continuato a piacersi molto, per tutta la vita.
4-10-02